T.A.R. Campania – Napoli, Sez. V, sentenza 24 giugno 2010, n. 16019

 

Giurisdizione e competenza – Occupazione acquisitiva – Art. 23 bis della l. 1034/1971 – Applicabilità.

 

N. 16019/2010 REG.SEN.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 7587 del 2005, proposto da:

Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Aversa, rappresentato e difeso dall’avv. Eduardo Romano, con domicilio eletto presso Eduardo Romano in Napoli, p.zza Trieste e Trento N.48;

contro

Comune di Trentola Ducenta;

nei confronti di

Consorzio Domenico Tremila, Russo Michele;

per l’accertamento dell’illegittimità dell’ occupazione dei suoli di proprietà dell’Istituto ricorrente distinti in catasto al foglio 2 part.lle nn. 7 e 198 per la condanna del Comune al risarcimento dei danni nonché , ove occorra, per l’annullamento delle deliberazioni della Giunta comunale n. 59/2002, 94/2003 e del Consiglio comunale n. 88/2001, oltre che del decreto di occupazione d’urgenza n. 52/2003,

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 giugno 2010 il dott. Antonio Onorato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1-Espone L’istituto ricorrente di essere proprietario e possessore di un terreno sito nel Comune di Trentola Ducenta oggetto di procedura espropriativa nell’ambito del programma “Piani Insediamenti Produttivi” approvato dal Comune intimato.

Aggiunge che in data 16/9/2003 venne emanato il decreto n. 52 di occupazione temporanea in via d’urgenza del terreno e che tale decreto, al punto 5 della parte dispositiva, prevedeva espressamente la propria perdita di efficacia, ai sensi dell’art 20 della legge 22/10/1971 n. 865, in caso di mancata occupazione dell’area nel termine di tre mesi decorrenti dalla data della sua emissione.

Poiché l’occupazione è intervenuta oltre il predetto termine, e segnatamente il 18 dicembre 2003, l’Istituto chiede il risarcimento del danno anche mediante reintegra nel possesso della parte del bene non ancora utilizzata, avendo l’amministrazione agito sine titulo.

Il Comune non si è costituito in giudizio.

2-Il ricorso è fondato e va accolto.

3- Occorre innanzitutto dare atto della sussistenza della giurisdizione di questo adito giudice amministrativo (per il che è sufficiente il rinvio alle condivisibili statuizioni di Cons. Stato, ad. plen., 22 ottobre 2007, n. 12, nonché 30 agosto 2005, n. 4, 9 febbraio 2006, n. 2 e 30 luglio 2007, n. 9, oltre che al più recente orientamento di questa stessa Sezione: cfr. sentenze 14 settembre 2007 n. 7555; 13 novembre 2007, n. 12108; e 1 aprile 2008 , n. 1718) e della irrilevanza, nella fattispecie, della questione della cd. pregiudizialità amministrativa, che invero non viene in rilievo in un caso, come quello in esame, in cui non si contesta la legittimità illo tempore della disposta occupazione, ma se ne contesta la sopravvenuta abusività (secondo il noto meccanismo della cd. “occupazione appropriativa”).

La controversia, dunque, ha ad oggetto non già il danno da lesione di un interesse legittimo dipendente dall’illegittimità di un provvedimento dell’Autorità (ipotesi in cui, effettivamente, la pregiudiziale di annullamento potrebbe ostare alla sola domanda risarcitoria), bensì il danno al diritto di proprietà inferto da un comportamento (non già “mero”, bensì “amministrativo”) dell’Autorità che, pur avendo avviato un complesso procedimento ablatorio volto alla realizzazione di un’opera pubblica, e pur avendo tale opera realizzata, ha poi omesso di completare la serie procedimentale lasciando decorrere il termine di legittimità della disposta occupazione d’urgenza.

Ai fini della individuazione del giudice dotato di giurisdizione è, infatti, necessario accertare se il caso di specie è sussumibile nell’ipotesi di “occupazione usurpativa pura” (che, secondo le ricostruzioni giurisprudenziali, si ha nel momento in cui la dichiarazione di pubblica utilità non sia mai stata adottata) con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (sul presupposto che il comportamento di occupazione dell’area privata non è sorretto da alcun potere pubblicistico) ovvero debba essere ricondotto nelle fattispecie della c.d. “occupazione usurpativa spuria” (ovvero quando l’Amministrazione ha adottato una dichiarazione di pubblica utilità illegittima, poi annullata in via di autotutela o giurisdizionale) ovvero, come quella in esame, “dell’occupazione appropriativa”, che la stessa giurisprudenza ormai attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo con argomentazioni che il Collegio ritiene di condividere anche in applicazione del principio di (derivazione comunitaria di) effettività della tutela giurisdizionale.

Ritenuta dunque la giurisdizione sulla domanda di reintegra nel possesso proposta dal ricorrente, resta da stabilire se le forme di tutela siano quelle previste dall’art 703 c.p.c., che rinvia agli art. 669 bis e ss. c.p.c., oppure quelle proprie del processo amministrativo. Ritiene il Collegio di seguire la seconda impostazione, poiché, come ha rilevato la Corte Costituzionale – investita di una questione di legittimità con riferimento all’inesistenza di un tutela cautelare ante causam avanti al g.a. –, l’applicazione di istituti processual-civilistici non è giustificabile qualora le esigenze ad essi sottese vengano effettivamente tutelate da istituti propri del processo amministrativo (nello stesso: T.A.R. Umbria, Perugia, 4 settembre 2002 n. 652).

Nel caso in esame l’esigenza di tutela immediata, soddisfatta dagli artt. 703-669 bis e ss. c.p.c., è efficacemente garantita mediante il procedimento di cui all’art 23 bis della l. 1034/1971, di cui sussistono tutti i presupposti applicativi (essendo, in particolare, la controversia oggetto del presente giudizio contemplata dalla lettera b) del medesimo articolo).

4-Passando all’esame del merito, il ricorso è basato su un unico motivo, ossia l’inesistenza, al momento dell’occupazione, di un titolo idoneo a giustificarla, essendo il relativo decreto scaduto per decorrenza del termine trimestrale di efficacia.

Il motivo è fondato, poiché l’art 20 della legge 865/1971, espressamente richiamato dal decreto di occupazione emesso in data 16/9/2003, ricollega la perdita di efficacia del titolo al decorso di tre mesi dalla sua emissione senza che sia stata posta in essere l’occupazione.

5- Passando all’esame della domanda risarcitoria, è incontroverso che l’ Amministrazione intimata:

a) ha occupato l’immobile ed ha almeno in parte eseguito l’opera in forza di atti autoritativi, espressivi di poteri pubblicistici;

b) non ha emesso il decreto di esproprio entro il prescritto termine (così rilevando la mancata conclusione del procedimento e il mancato esercizio della funzione pubblica, volta a far acquisire al patrimonio pubblico il bene nel corso del procedimento);

c) ha utilizzato beni altrui per scopi di interesse pubblico, valutati nei precedenti atti.

6-In relazione a siffatta situazione, già dalla Convenzione europea per il diritto dell’uomo e dal diritto comunitario emerge il principio che preclude di ravvisare una <espropriazione indiretta> o <sostanziale>, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge (Cfr. Corte europea dir. uomo 6 marzo 2007 n. 43662,).

Si pone poi in evidenza la particolare disciplina contenuta nell’’art. 43 del T.U. n. 327/2001 cit., il quale attribuisce all’Amministrazione il potere di acquisire la proprietà dell’area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale (in sostanziale sanatoria) al termine del procedimento nel corso del quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto.

Tale art. 43 è stato emesso dal legislatore delegato per consentire all’Amministrazione di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto quando il bene sia stato <modificato per scopi di interesse pubblico> (fermo restando il diritto del proprietario di ottenere il risarcimento del danno).

Tale profilo è stato anche individuato ‘with interest’ dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, il quale, nella sessione del 13-14 febbraio 2007, si è occupato delle <violazioni sistematiche dei diritti di proprietà derivanti dalla espropriazione indiretta> in Italia.

In particolare, pur constatando che la prassi interna ancora ravvisa la sussistenza di tale istituto, il Comitato di Ministri ha rilevato che:

– questo Consiglio, con i lavori preparatori del testo unico e con la decisione n. 2 del 2005 dell’Adunanza Plenaria (cui ha manifestato il proprio ‘welcaming’), ha escluso la sussistenza della espropriazione indiretta ed ha affermato che solo l’atto di acquisizione ex art. 43 comporta l’ablazione del diritto di proprietà (fino ad allora da riconoscere alla vittima dell’illecito dell’Amministrazione);

– l’applicazione del medesimo art. 43 ai casi pendenti consente “an end definitively to the practice of indirect expropriation’.

Vanno dunque ribaditi i principi già enunciati dalla relazione dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 29 marzo 2001, per la quale l’art. 43 presuppone la perdurante sussistenza del diritto di proprietà e di un illecito permanente dell’Amministrazione che utilizza il fondo altrui, in assenza del decreto di esproprio, anche se è stata realizzata l’opera pubblica.

Il testo e la ratio dell’art. 43, dunque, non consentono neppure di ritenere sussistente un termine quinquennale, decorrente dalla trasformazione irreversibile dell’area o dalla realizzazione dell’opera, decorso il quale si verificherebbe la prescrizione della pretesa risarcitoria.

Al contrario, l’art. 43 ribadisce il principio per il quale, nel caso di occupazione sine titulo, vi è un illecito il cui autore ha l’obbligo di restituire il bene immobile e di risarcire il danno cagionato, salvo il potere dell’Amministrazione di fare venire meno l’obbligo di restituzione ab extra, con l’atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio.

In altri termini, a parte l’applicabilità della disciplina civile sull’usucapione (per la quale il possesso ultraventennale fa acquistare all’Amministrazione il diritto di proprietà pur in assenza dell’atto di natura ablatoria), l’art. 43 testualmente preclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge.

L’Amministrazione può divenire proprietaria:

– o al termine del procedimento, che si conclude sul piano fisiologico (con il decreto di esproprio o con la cessione del bene espropriando);

– oppure, quando vi è una patologia e il bene è stato <modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento>, quando è emesso il decreto di acquisizione ai sensi dell’art. 43.

Siffatti principi desumibili dall’art. 43 risultano evidentemente rilevanti anche nel presente giudizio in quanto l’occupazione del terreno in questione è stata disposta in attuazione di una dichiarazione di pubblica utilità ed ad un decreto di occupazione di urgenza che risalgono al 2002.

Infatti, l’art. 43 si riferisce a tutti i casi di occupazioni sine titulo, anche a quelle già sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico.

7-Quanto sopra è sufficiente per l’accoglimento del ricorso con conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento da determinare in coerenza alle previsioni dell’art. 35 del D.L.vo. n. 80 del 1998.

Al riguardo, vanno fissati i seguenti principi:

a) entro il termine di sessanta giorni (decorrente dalla comunicazione o dalla previa notifica della presente decisione), l’Amministrazione comunale e la parte ricorrente possono addivenire ad un accordo, in base al quale il bene è restituito oppure la proprietà è trasferita al Comune ed alla parte ricorrente è corrisposta la somma specificamente individuata nell’accordo stesso;

b) ove tale accordo non sia raggiunto entro il termine, l’Amministrazione comunale – entro i successivi sessanta giorni – potrà emettere un formale e motivato decreto, con cui disporrà o la restituzione, in tutto o in parte, dell’immobile a suo tempo occupato, ovvero l’acquisizione di questo al suo patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 43 del testo unico.

Nel caso di restituzione dell’immobile, l’Amministrazione sarà comunque tenuta a risarcire il danno relativo al periodo della sua utilizzazione senza titolo e all’eventuale deterioramento delle piantumazioni, oltre agli interessi moratori.

Nel caso di acquisizione ex art. 43 il Comune sarà tenuto a risarcire il danno relativo al periodo della utilizzazione senza titolo, nonché l’importo spettante, in base alle vigenti disposizioni del testo unico, oltre agli interessi moratori.

Pertanto, per la determinazione dell’importo da corrispondere a titolo di risarcimento (sia nel caso di accordo, sia nel caso di emanazione dell’atto ex art. 43), il Comune dovrà attenersi ai criteri legali, tenendo conto della data dalla quale è configurabile l’illecito permanente.

Qualora, viceversa, il Comune e la parte ricorrente non concludano alcun accordo e il Comune neppure adotti un atto formale volto alla restituzione o alla acquisizione dell’area in questione, decorsi i termini sopra indicati, la parte ricorrente potrà chiedere alla Sezione l’esecuzione della presente decisione, per la conseguente adozione delle misure consequenziali (rientrando nei poteri della Sezione la nomina di un Consulente tecnico di ufficio e di un commissario ad acta nonché la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti, per la sua valutazione dei fatti che hanno condotto alla medesima fase del giudizio).

8-Le spese di giudizio seguono la soccombenze e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania. Quinta Sezione, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, condanna il Comune di Trentola Ducenta al risarcimento del danno, con i criteri e le modalità precisati in motivazione.

Condanna la medesima Amministrazione al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila), oltre al rimborso del contributo unificato anticipato dalla stessa parte.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:

Antonio Onorato, Presidente, Estensore

Vincenzo Cernese, Consigliere

Gabriele Nunziata, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/06/2010

 

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