Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 agosto 2010, n. 5145

 

Processo amministrativo – Errori di rito nella notificazione, ex art. 145 c.p.c., del ricorso giurisdizionale imputabili ad organi pubblici di cui la parte deve avvalersi – Errore scusabile e conseguente rimessione in termini – Ammissibilità.

 

N. 05145/2010 REG. DEC.

N. 07915/2008 REG. RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 7915 del 2008, proposto da:
Comune di Modugno in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Muscatello, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Federico Massa, con domicilio eletto presso Federico Massa in Roma, via degli Avignonesi, 5; Ecoenergia Srl, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Tommaso Di Gioia, Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso Tommaso Di Gioia in Roma, via Ombrone, 12 Pal.B; Provincia di Bari, Dirigente del Settore Ecologia della Regione Puglia; Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – Sede di BARI- SEZIONE I n. 01055/2008, resa tra le parti, concernente COMPATIBILITA’ AMBIENTALE IMPIANTO PRODUZIONE ENERGIA ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI..

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2010 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Muscatello,Di Gioia ,Massa alla discussione e l’Avvocato dello Stato Urbani Neri alle preliminari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con la decisione in epigrafe appellata il Tar della Puglia – Sede di Bari – ha dichiarato inammissibile per omessa notifica al controinteressato il ricorso di primo grado con il quale era stato chiesto dall’ amministrazione comunale odierna parte appellante l’annullamento della determinazione del Dirigente del Settore Ecologia della Regione Puglia n. 450 del 25 settembre 2007 recante ad oggetto: “L.R. n. 11/01 – Procedura di Valutazione Impatto Ambientale – Impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ubicato in Via Fiordalisi – Zona Industriale – Comune di Modugno (BA) – Proponente: Ecoenergia S.r.l.”, nonché di qualunque atto ad esso presupposto, connesso e conseguente.

Con tale provvedimento, in conformità a quanto disposto dal Comitato Regionale per la valutazione di impatto ambientale previsto dall’art. 28 della L. Reg. 12 aprile 2001 n. 11, era stato espresso parere favorevole alla compatibilità ambientale per la realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (C.D.R., combustibile derivato da rifiuti e biomasse) proposto dalla società Ecoenergia s.r.l. e situato nel territorio comunale.

L’ amministrazione comunale odierna parte appellante aveva prospettato svariati profili di eccesso di potere vizianti il predetto provvedimento.

Era intervenuta “ad opponendum” la società Ecoenergia s.r.l. con atto debitamente notificato all’originaria ricorrente ed alle altre parti del giudizio e depositato l’8 febbraio 2008 deducendo l’inammissibilità ed infondatezza dell’impugnazione.

Con la sentenza in epigrafe il Tar ha rilevato che era stata omessa la notificazione alla società controinteressata Ecoenergia s.r.l. ai sensi dell’art. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034.

Non poteva accogliersi, in particolare, la tesi prospettata da parte appellante che, allo scopo di valorizzare le notifiche ritualmente effettuate, attribuiva la qualifica di controinteressati al Ministero dell’Ambiente (in relazione al parere favorevole espresso nel 1996 sulla realizzazione dell’impianto) e alla Provincia di Bari (genericamente indicata come responsabile della pianificazione provinciale dello smaltimento dei rifiuti) in difetto di interesse qualificato delle medesime alla conservazione dell’atto impugnato in quanto attributarie di un vantaggio diretto ed immediato (c.d. elemento materiale).

Tale interesse, secondo il Tar, non poteva farsi discendere dall’emanazione di atti di natura consultiva nell’ambito del procedimento per il rilascio del titolo abilitativo per la realizzazione dell’impianto ( in particolare, il Ministero si colloca in una prospettiva esterna alla vicenda, avendo reso mero “parere favorevole circa la congruità dei limiti delle emissioni con l’avanzata tecnologia e con il migliore esercizio relativi alle caratteristiche dell’impianto” per la realizzazione della struttura, peraltro assentita anche dal Comune odierno appellante con permesso di costruire rilasciato l’8 ottobre 2003.)

Ne conseguiva che unica controinteressata era la società Ecoenergia s.r.l., la cui posizione soddisfaceva sia l’elemento formale (essendo espressamente menzionata nell’atto impugnato) sia l’elemento sostanziale (in quanto titolare del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Modugno per la realizzazione dell’impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili di cui si trattava e portatrice dell’interesse qualificato al mantenimento del provvedimento gravato).

L’impugnazione non era stata tuttavia ritualmente notificata alla predetta controinteressata, considerato che nella relata di notifica era specificato che questa non era andata a buon fine in quanto non era stato rintracciato “in loco il notificando” né erano state rispettate le formalità prescritte dall’art. 145 c.p.c.: da ciò conseguiva l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

L’ odierna parte appellante ha censurato la predetta sentenza chiedendone l’annullamento in quanto viziata da errori di diritto ed illegittima.

Sotto un primo profilo, l’eventuale errore dell’organo notificatore non poteva ridondare in danno del notificante, cui doveva essere quantomeno concesso il beneficio dell’errore scusabile;

peraltro, a seguito dell’intervento della Consulta in materia di notificazione a mezzo posta (da intendersi esteso, nella identità di ratio ad ogni forma di notifica, anche a quella mercè ufficiale giudiziario) il momento di perfezionamento della notifica, per il notificante, coincideva con la consegna dell’atto: ne discendeva che la notifica era tempestiva ( ed in ogni caso erano individuabili altri controinteressati nell’ambito del procedimento in esame).

Ha pertanto richiesto l’annullamento della decisione appellata con rinvio al primo Giudice.

Nel merito, ha riproposto i motivi di censura contenuti nel ricorso di primo grado sui quali erroneamente il Tar non si era soffermato a cagione della preliminare declaratoria di inammissibilità di mezzo di primo grado.

Ha pertanto riproposto la doglianza fondata sul malgoverno dell’art. 3 della legge regionale della Puglia n. 11/2001 in quanto non sarebbe stata garantita la partecipazione procedimentale agli enti associativi; con il secondo motivo del ricorso in appello ha sottolineato le numerose carenze e lacune dello studio di impatto ambientale, in spregio al disposto dell’art. 1 della legge regionale della Puglia n. 11/2001; con il terzo motivo, invece, ha sostenuto che la circostanza che l’opera dovesse sorgere in uno spazio ASI non comportava l’applicabilità dell’art. 1.03 del PUTT/P (che escludeva dette aree dal regime vincolistico contenuto nel piano) in quanto l’area era normata dal Piano Urbanistico Esecutivo – Variante 2004, che all’art. 10 comma 10.7 vietava la realizzazione di manufatti nelle lame (l’impianto doveva sorgere sul versante destro orografico di Lama Misciano).

Con memoria depositata ritualmente in vista dell’odierna udienza pubblica l’appellante amministrazione comunale ha puntualizzato e ribadito le censure di merito proposte avverso il provvedimento impugnato, alla stregua (anche) delle risultanze contenute nel decreto di sequestro preventivo d’urgenza reso dalla Procura della Repubblica di Bari sull’area.

La difesa erariale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha depositato una breve memoria chiedendo di essere estromessa dalla causa in quanto ad essa estranea.

La controinteressata appellata Ecoenergia SRL ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione del gravame perché infondato: dopo che la notifica del mezzo di primo grado non era andata a buon fine parte appellante si era disinteressata all’esito della notifica, non provvedendo ad effettuarne una nuova, e depositando invece il ricorso.

Essa non poteva invocare il beneficio dell’errore scusabile e doveva essere confermata la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Nel merito, le censure articolate erano infondate ed inammissibili.

La Regione Puglia ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione del gravame perché infondato.

Né essa né il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare erano qualificabili quali controinteressati. L’unica controinteressata, pertanto era la Ecoenergia SRL.

Era pur vero che la notifica a tale ultima società era stata disposta: ma non essendo state effettuate le formalità di cui all’art. 145 cpc essa era palesemente viziata.

Parte appellante, pur conoscendo tale situazione (o quantomeno dovendola conoscere) non aveva ripetuto la notifica, provvedendo tout court a depositare il ricorso: non sussistevano i presupposti per la concessione del beneficio dell’errore scusabile (l’appellante non aveva indicato nella relata di notifica, il nome del rappresentante della società, così impedendo che l’ufficiale giudiziario disponesse gli incombenti di cui all’art. 145 cpc).

Ovviamente, nessun effetto sanante poteva attribuirsi all’intervento ad opponendum spiegato dalla controinteressata nel corso del giudizio di primo grado.

Nel merito, comunque, l’appello era palesemente infondato.

Alla camera di consiglio del 28.10.2010 fissata per l’esame dell’istanza cautelare di sospensione della esecutività della sentenza appellata la trattazione dell’incidente cautelare è stato rinviato al merito a cagione dell’intervenuto sequestro preventivo dell’area disposto in via d’urgenza dalla locale Procura della Repubblica.

All’odierna udienza pubblica parte appellante ha insistito nella richiesta di riforma dell’appellata decisione ed eventuale concessione del beneficio dell’errore scusabile e, in via subordinata ha chiesto rinviarsi la trattazione della causa; in via ulteriormente subordinata ha dichiarato di essere disponibile a rinunciare al ricorso di primo grado a condizione che il Collegio desse atto che l’emanando nuovo provvedimento dell’amministrazione sia sostitutivo di quello impugnato nell’ambito dell’odierno giudizio.

DIRITTO

La sentenza deve essere annullata con rinvio della controversia al Tar, previa dichiarazione di parziale fondatezza del ricorso in appello nei termini di cui alla motivazione che segue.

Deve premettersi che non sussistono gli estremi né per l’invocato differimento della trattazione della controversia né per la dichiarazione di improcedibilità dell’appello, condizionata dalla difesa ad una richiesta constatazione da parte del Collegio di un elemento che non rientra nella disponibilità giudiziale.

Ciò rilevato, si rammenta che la statuizione di inammissibilità pronunciata in primo grado, come dianzi evidenziato, è scaturita dalla constatazione dell’omessa notifica del ricorso alla controinteressata appellata Ecoenergia SRL.

Il Collegio ritiene esatta – e comunque parte appellante non ha recisamente contestato detto profilo, se non con le assertive affermazioni contenute nell’ultima parte di pag. 8 del ricorso in appello- la statuizione dei primi Giudici in punto di individuazione dell’unica controinteressata nella figura della suindicata società ( ciò alla stregua del consolidato orientamento secondo cui : “nel processo amministrativo la qualità di controinteressato deve essere riconosciuta a colui che è portatore di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente -cd. elemento sostanziale- e che sia inoltre nominativamente indicato nel provvedimento impugnato o agevolmente individuabile aliunde -cd. elemento formale -, e che vanta quindi un interesse qualificato alla conservazione dell’atto di cui il ricorrente chiede l’annullamento.” Consiglio Stato , sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 74).

Può affermarsi, avuto riguardo al superiore principio, che le (altre) parti intimate in primo grado non rivestivano la qualità di controinteressate, in quanto sfornite della predetta (duplice) concorrenza di requisiti.

Il Tar ha chiarito esaustivamente tale aspetto; nessuna convincente censura, neanche a livello embrionale, è stata articolata sotto quest’ultimo profilo, e pertanto l’esame della Sezione può proseguire muovendo da tale incontrovertibile approdo.

Incontestata rimanendo quindi la circostanza che la notifica alla predetta società Ecoenergia s.r.l. non era andata a buon fine (tale circostanza è stata lealmente ammessa nel corso dell’odierna udienza pubblica dalla difesa dell’appellante amministrazione comunale), il Tar ne ha fatto discendere la inammissibilità del ricorso di primo grado a cagione dell’omesso rispetto delle formalità ex art. 145 cpc (sulla applicabilità di tale disposizione al processo amministrativo, si veda: “ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica, ai sensi dell’art. 145, c.p.c., presso la sede legale ovvero presso quella effettiva ex art. 46 comma 2, c.c., è sufficiente che il consegnatario sia legato alla persona giuridica stessa da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza; sicché, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti in alcuna delle predetti sedi la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede stessa, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, mentre la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere un suo dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno, nel senso che la prova dell’insussistenza di un rapporto siffatto non è adempiuto con la sola dimostrazione dell’inesistenza d’un rapporto di lavoro subordinato tra la persona in questione ed il destinatario della notifica, attesa la configurabilità di altri rapporti idonei a conferire la richiesta qualità. “Consiglio Stato , sez. V, 23 marzo 2004, n. 1547)

Detto ultimo profilo motivazionale è coerente in via di principio con il consolidato orientamento per cui “la mancata notifica del ricorso all’unico controinteressato rende il medesimo inammissibile.”(Consiglio Stato , sez. VI, 23 giugno 2006, n. 4012).

Ciò perché, come più volte osservatosi in giurisprudenza, il procedimento notificatorio nei confronti delle persone giuridiche è di natura plurifasica: “la sequenza del procedimento notificatorio nei confronti delle persone giuridiche, con particolare riguardo alle società di capitali, deve essere così specificata: a) la notificazione si esegue in primo luogo con le modalità di cui all’art. 145 comma 1 c.p.c., cioè nella sede (legale o effettiva) mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa; b) se la notifica non può essere eseguita con tali modalità e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, in applicazione dell’art. 145 comma 3 c.p.c., la notifica stessa va eseguita nei confronti di tale persona, osservando le disposizioni degli art. 138, 139 e 141 c.p.c.; c) se neppure l’adozione di tali modalità consente di pervenire alla notificazione, si procede con le formalità dell’art. 140 c.p.c., qualora di detta norma ricorrano i presupposti, nei confronti del legale rappresentante, oppure nel caso in cui la persona fisica non sia indicata nell’atto da notificare, direttamente nei confronti della società; d) se tali modalità non si rivelino applicabili, e nell’atto sia indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, la notificazione sarà eseguibile con le forme di cui all’art. 143 c.p.c., nei confronti del detto legale rappresentante.”(Cassazione civile , sez. lav., 03 novembre 2009, n. 23212).

Il principio in questione costituisce jus receptum, e sulla praticabilità del medesimo vi è piena concordia nella giurisprudenza amministrativa (ex multis: “ai sensi dell’art. 145 c.p.c., qualora sia impossibile eseguire la notificazione alle persone giuridiche nella loro sede, essa può essere effettuata alla persona fisica del rappresentante dell’ente; in mani proprie (art. 138 c.p.c.) o nella residenza, nella dimora o nel domicilio (art. 139 c.p.c.).”-Consiglio Stato , sez. VI, 14 settembre 2005, n. 4739-).

Nel caso in questione, il procedimento non si è completato ma al contrario, i passaggi successivi a quello di cui al comma 1 dell’art. 145 cpc sono stati omessi (nella relata di notifica è stato specificato che questa non era andata a buon fine in quanto non veniva rintracciato “in loco il notificando”).

Risulta peraltro dagli atti di causa che parte originariamente ricorrente non aveva indicato nella relata di notifica il nominativo del legale rappresentante della società, di guisa che, non andata a buon fine la notifica presso il domicilio legale dell’ente, detto procedimento complesso non avrebbe potuto completarsi con riferimento alla persona fisica, ma soltanto con riguardo all’organismo societario.

Ciò accertato, la verifica giudiziale deve spostarsi sulle richieste di parte appellante che costituiscono l’essenza del petitum appellatorio.

Parte appellante, in primis, sostiene che il Tar non avrebbe potuto dichiarare il ricorso inammissibile posto che la spontanea costituzione della controinteressata intimata avrebbe “sanato” il difetto riscontrato.

La doglianza non ha pregio, (si veda tra le tante, Consiglio Stato , sez. VI, 02 novembre 2007, n. 5690, ma anche Cassazione civile , sez. lav., 01 marzo 2002, n. 3001) alla stregua del principio per cui la sanatoria non può mai conseguire ad ipotesi di inesistenza della notifica (così si esprime la Corte di Cassazione nella richiamata decisione: “il vizio di notificazione importante nullità sanabile ai sensi del combinato disposto degli art. 160 e 156 c.p.c. si ha quando, nonostante la inosservanza delle formalità o delle disposizioni di legge, tra cui quelle concernenti la persona alla quale può essere consegnata la copia dell’atto, la notificazione, tuttavia, è materialmente avvenuta mediante rilascio di copia nel luogo e a persona che possano avere un qualche riferimento con il vero destinatario della notificazione medesima; per contro, il vizio di notificazione è insanabile quando questa sia eseguita in luogo e presso persona che non siano in alcun modo e per nessuna via riferibili al soggetto passivo della notificazione medesima, essendo riferibili a tutt’altro soggetto, assolutamente estraneo al destinatario e all’atto da notificare.”

Addirittura, si è detto, “in ipotesi di non riferibilità della notifica al destinatario, v’è preclusione della sanatoria del relativo vizio mediante rinnovazione.”(Consiglio Stato , sez. VI, 02 novembre 2007, n. 5690).

Si è rilevato, in particolare e conclusivamente, che la sanatoria a seguito della costituzione in giudizio della parte alla quale si sarebbe dovuto notificare il ricorso, per giurisprudenza costante e prevalente, “riguarda solo i casi di vizi della notifica e non quelli di inesistenza della notificazione.”( Consiglio Stato , sez. IV, 27 aprile 2005, n. 1955).

Non potendosi nel caso di specie farsi riferimento al concetto di “vizio della notifica” (posto che nessuna notifica vi fu) ma a quello di inesistenza, ne discende la inaccoglibilità della eccezione.

Parte appellante, sotto altro profilo, censura la statuizione del Tar laddove non è stato ritenuto che la ricorrente di primo grado fosse meritevole della concessione del beneficio dell’errore scusabile e della remissione in termini con rinnovazione della notifica.

Sotto tale angolo prospettico, il ricorso in appello appare condivisibile.

Il Collegio ha in passato affermato – e non ritiene di mutare divisamento- il principio per cui “la scusabilità dell’errore si configura istituto di carattere generale e la sua applicazione non va limitata ai soli casi di tardiva notifica o di non corretta individuazione dei controinteressati, ma comprende una più vasta area di fattispecie che per la peculiarità e novità della questione oggetto del contendere, per la complessità del quadro normativo riferito anche alle competenze degli organi nella materia, per oscillazioni di giurisprudenza ecc. si configurano idonee ad introdurre menomazioni e maggiore difficoltà nell’esercizio dei diritti di difesa.”(Consiglio Stato , sez. VI, 22 maggio 2007, n. 2596).

Secondo la giurisprudenza esso può essere concesso, in appello, anche ex officio: “l’errore scusabile – disciplinato dall’art. 34 t.u. Cons. St., e dall’art. 34 l. Tar, che pure ha carattere generale – è applicabile anche d’ufficio nel corso del giudizio di appello”(Consiglio Stato , sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4308).

In più occasioni, peraltro, la giurisprudenza ha valutato la percorribilità di tale rimedio in ipotesi in cui fossero intervenute lacune nel procedimento notificatorio.

Si è pertanto affermato, che “gli errori di rito nella notificazione del ricorso giurisdizionale, ove siano imputabili agli organi pubblici dei quali la parte è tenuta ad avvalersi, non possono incidere sul diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale, e, ove la notificazione irregolare non abbia raggiunto il suo scopo, è ben configurabile un’ipotesi di errore scusabile con conseguente riammissione in termini per la rinnovazione della notificazione.”(Consiglio Stato , sez. VI, 05 aprile 2007, n. 1549).

Va rammentato peraltro che l’Adunanza Plenaria del 14 febbraio 2001 n. 1, ha affermato come la remissione in termini in caso di tardività della notifica per errori imputabili agli organi pubblici si applica (-esclusivamente- non essendo ammessa nel caso di notifica a mezzo posta) all’ipotesi di notificazioni eseguite direttamente dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore, con le forme ordinarie di cui agli art. 137 e ss. c.p.c.

Secondo parte appellante, anche in ossequio all’orientamento espresso dalla Consulta in tema di differenziato momento di perfezionamento della notifica con riguardo alla posizione del notificante rispetto a quella del destinatario, (Corte costituzionale, 26 novembre 2002, n. 477) il ricorrente non poteva essere pregiudicato dall’errore in cui era incorso l’ufficiale giudiziario: il Tar aveva errato non concedendo i richiamati benefici.

Tale tesi, appare in concreto persuasiva.

Vero è che era stata omessa da parte della originaria ricorrente di primo grado la indicazione nella relata di notifica del nominativo del legale rappresentante della società controinteressata.

Ma ciò, da un canto, non impediva che la procedura venisse proseguita e completata nei confronti del (solo) organismo societario.

Sotto altro profilo, la circostanza (evidenziata da parte appellata) che parte appellante non ebbe a tentare nuovamente la notifica del ricorso di primo grado, non appare nel caso di specie dirimente, posto che comunque la “nuova” notifica non sarebbe intervenuta nel termine perentorio originario.

E’ ben noto al Collegio il principio secondo cui “compete a chi chiede la notifica indicare il destinatario e il luogo della notificazione e non è, invece, compito dell’ufficiale giudiziario correggere, sotto tale profilo, eventuali errori commessi dal richiedente. Pertanto, nel caso di notifica presso un luogo errato, indicato nelle relata dallo stesso richiedente, di un atto d’appello, tra l’altro consegnato l’ultimo giorno utile per la notificazione, non è possibile rinvenire nè un errore scusabile del richiedente, tale da giustificare la rimessione in termini, nè tanto meno un errore imputabile all’ufficiale giudiziario.”Consiglio Stato , sez. VI, 29 gennaio 2002, n. 475).

Nel caso di specie, tuttavia, parte appellante non incorse in alcun “errore”, di guisa che sarebbe stato doveroso da parte del Tar, prendendo atto di tale situazione, concedere al medesimo il beneficio dell’errore scusabile ( si veda sul punto il principio per cui “Spetta al giudice valutare se la mancata o irrituale notifica sia giustificata, consentendo la concessione del beneficio dell’errore scusabile.” -Consiglio Stato , sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6523- ).

L’appello deve essere sul punto accolto.

Deve essere pertanto riformata la sentenza gravata, con rinvio al primo giudice, essendo nella specie ravvisabile un vizio di procedura (in termini Consiglio Stato , sez. V, 30 aprile 1982, n. 306, secondo cui “in caso di vizi della notificazione ai controinteressati, imputabili non al ricorrente ma agli organi pubblici dei quali egli è tenuto ad avvalersi, non consegue l’inammissibilità del ricorso per inosservanza dei termini perentori ma il giudice, riconosciuto l’errore scusabile, deve rimettere in termini il ricorrente per la rinnovazione della notifica. Ne consegue che se detti vizi vengono rilevati in sede d’appello non si è di fronte ad una causa impeditiva del giudizio ma in un difetto di procedura del giudizio di I grado per non integrità del contraddittorio cosicché il Consiglio di Stato, annullata la sentenza del T.A.R. deve rimettere gli atti al tribunale.”

Non ignora il Collegio quanto a tale ultimo aspetto che la giurisprudenza più recente abbia talvolta affermato che le erronee declaratorie di inammissibilità irricevibilità o decadenza del ricorso, debbano essere identificate come contenuto della sentenza appellata, non precludendo l’esame delle censure di merito in grado di appello (Consiglio Stato , sez. VI, 17 settembre 2009, n. 5587).

Tuttavia tale orientamento non appare predicabile al caso di specie e potrebbe trovare applicazione (appare appena il caso di rilevarlo, tale prospettazione, fondandosi sulla interpretazione del disposto di cui all’art. 35 della legge n. 1034/1971 privilegia l’esigenza di celerità processuale rispetto a quella di garantire il doppio grado di giudizio) laddove si riscontri una erronea declaratoria di inammissibilità, irricevibilità, etc attingente un mezzo introduttivo del giudizio invece tempestivamente portato a conoscenza di tutte le parti che dovevano essere evocate.

In tale ultima ipotesi, infatti, essendosi il contraddittorio regolarmente instaurato, e non essendo stato preclusa l’esercizio dell’attività defensionale in primo grado ad alcuna delle parti destinatarie della notifica del ricorso, l’erronea declaratoria di inammissibilità/irricevibilità etc, una volta rimossa, consente la celebrazione del processo in appello (con il “sacrificio”, gravante in maniera eguale su tutte le parti processuali di un grado di giudizio).

Allorchè ciò non sia avvenuto, e pur tuttavia si ritenga ingiustificata la omessa concessione in primo grado del beneficio dell’errore scusabile, la fattispecie è assimilabile a quella di una decisione di primo grado pronunciata a contraddittorio incompleto e non correttamente instaurato (si veda Consiglio Stato , sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2453 in tema di annullamento con rinvio quale conseguenza della omessa integrazione del contraddittorio) e preclude l’esame del merito della controversia in appello rendendo necessario l’annullamento con rinvio della decisione impugnata (arg. anche ex art. 34 cpv della legge n. 1034/1971).

Ciò perché, diversamente opinando, si verificherebbe una indebita ed irreparabile lesione del diritto di difesa del controinteressato (non limitata alla omessa celebrazione del doppio grado di giudizio).

Nel caso di specie, parte appellata, controinteressata pretermessa in quanto non evocata (e costituitasi tardivamente avendo aliunde conosciuto della celebrazione del processo che la vedeva interessata) verrebbe privata della possibilità di dispiegare pienamente il proprio diritto di difesa, costituzionalmente garantito ex art. 24 della Carta Fondamentale (esemplificativamente, a tacer d’altro, le si precluderebbe la possibilità di proporre ricorso incidentale, il che sarebbe stato possibile, invece, ove il Tar avesse imposto la nuova notifica del ricorso di primo grado ritenendo che l’odierna appellante fosse incorsa in errore scusabile).

Ne consegue l’accoglimento, nei termini di cui alla motivazione, del ricorso in appello, l’annullamento dell’appellata decisione, ed il rinvio della controversia al primo Giudice.

Quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto degli indirizzi giurisprudenziali non univoci succedutisi in materia e della difficoltà interpretativa delle norme nel merito invocate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe lo accoglie nei termini di cui alla motivazione e, per l’effetto, annulla l’appellata decisione ed invia gli atti al medesimo Tribunale, per le valutazioni preliminari di cui all’art. 1, comma 1, L. n. 1034/71 e per i successivi incombenti prodromici alla pronuncia di merito.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:

Roberto Garofoli, Presidente FF

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/08/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

 

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