T.A.R. Lombardia – Brescia, Sez. II, 27 agosto 2010, n. 3262

 

Contratti della P.A. – Requisiti di partecipazione – Caso di appalto di servizio di ristorazione per un anno – Condizione che impone il possesso da almeno cinque anni di certificazione di qualità – Illegittimità.

 

N. 03262/2010 REG.SEN.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1077 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Cooperativa Albergo Mensa Spettacolo e Turismo – Camst Soc. Coop. a r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Fontana e Arnaldo Tinarelli, con domicilio eletto presso Francesco Fontana in Brescia, via Diaz, 28;

contro

Comune di Castelverde, rappresentato e difeso dall’avv. Marzia Soldani, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;

nei confronti di

Copra Ristorazione e Servizi Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Riccarco Anania, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;

Aristor Srl, Policoop Soc. Coop. A Rl, Sarca Catering Srl, Serist – Servizi Ristorazione Spa, non costituite in giudizio;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

– della determinazione del responsabile dell’area Servizi Sociali n. 46 del 20 agosto 2009 e della deliberazione della Giunta comunale n. 87 del 23 luglio 2009, con le quali è stata indetta una nuova gara di appalto per l’affidamento del servizio di refezione scolastica mediante procedura negoziata;

– della lex specialis comprensiva di lettera di invito e capitolato d’oneri;

– dei verbali di gara;

– del provvedimento di aggiudicazione;

– di ogni atto necessariamente presupposto e conseguente ivi compreso l’eventuale contratto di appalto concluso medio tempore con la ditta aggiudicataria.

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Castelverde;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Copra Ristorazione e Servizi Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 luglio 2010 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso in esame la ricorrente impugna l’affidamento – con procedura negoziata – del servizio mensa per l’anno 2009-2010, disposto dopo che, con sentenza di questo Tribunale n. 1519 del 17 luglio 2009, è stato annullato il precedente bando di gara e la successiva aggiudicazione (su ricorso della stessa cooperativa), in ragione dell’impossibilità di dare corso ad una nuova procedura sopra soglia entro l’inizio della scuola.

Al fine di ottenere l’annullamento degli atti relativi alla nuova gara, la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 125 del d. lgs. n. 163/2006:

1. per aver fatto, la stazione appaltante, ricorso alla procedura negoziata di cui a tale norma per un periodo di un anno, mentre sarebbe stato sufficiente fino a Natale, potendosi presumere che, dando avvio subito alla nuova gara pubblica, il subentro del nuovo aggiudicatario avrebbe potuto avvenire nel periodo di sospensione natalizia;

2. per aver fatto ricorso alla procedura d’urgenza in assenza delle specifiche cause richieste dalla restrittiva norma e cioè, in particolare, la non imputabilità del ritardo all’Amministrazione (nel caso di specie l’impossibilità di provvedere sarebbe stata imputata al “periodo feriale” in cui è intervenuto l’annullamento della precedente gara);

3. per non aver invitato la ricorrente a partecipare alla gara.

Al fine di sostenere l’infondatezza di tale ricorso si è costituito in giudizio il Comune, il quale ha eccepito:

a) carenza di interesse all’annullamento degli atti relativa alla procedura negoziata alla quale la ricorrente non è stata invitata a partecipare;

b) infondatezza del ricorso in quanto la procedura negoziata poteva essere legittimamente esperita, a prescindere dall’urgenza e dalla sua motivazione, essendo l’importo a base d’asta sottosoglia;

c) infondatezza del ricorso in quanto la durata annuale dell’affidamento era quella minima possibile, dovendosi ravvisare la non opportunità di una sostituzione dell’appaltatore in corso d’anno, la quale avrebbe comportato complesse problematiche in ordine alla continuità del servizio;

d) infondatezza del ricorso in quanto la gara è stata svolta invitando 5 ditte e richiedendo, quale requisito, “la preparazione dei pasti in giornata presso il centro di cottura dell’appaltatrice, con prodotti freschi con cottura del primo piatto presso la scuola”: requisito che il Comune ha presunto non potesse essere vantato dalla ricorrente che aveva precedentemente manifestato la propria indisponibilità in tal senso.

Analogamente, anche la controinteressata ha eccepito la carenza di interesse della ricorrente al ricorso, atteso che quest’ultima non ha dimostrato di possedere i requisiti per partecipare alla gara così come bandita.

Con ordinanza collegiale n. 228/09, questo Tribunale ha richiesto all’Amministrazione motivati chiarimenti in ordine alle scelte operate e allo stato dell’arte per quanto atteneva all’affidamento del servizio per il successivo anno scolastico 2010-2011.

In data 4 gennaio 2010 il Comune di Castelverde ha adempiuto all’obbligo istruttorio chiarendo come, considerata la dotazione di personale del Comune, i tempi irrinunciabili previsti dalla norma e la necessità di vagliare nuove e sopravvenute istanze dell’utenza in termini sia di incremento numerico, che di miglioramento della qualità, ha reso impossibile provvedere ad espletare una nuova gara prima dell’inizio dell’anno scolastico. L’Amministrazione ha altresì precisato di aver nominato un’apposita commissione che ha già iniziato a lavorare per predisporre un nuovo capitolato speciale, meglio rispondente alle esigenze derivanti dalla necessità di soddisfare un numero crescenti di utenti e di organizzare un servizio che garantisca una migliore offerta qualitativa, con incremento del personale e diversificazione dell’offerta nell’ambito dei menù. Ciò, secondo il Comune, avrebbe dovuto consentire di indire una nuova gara, con un nuovo capitolato speciale, in tempo utile per l’avvio dell’anno scolastico 2010-2011.

Con ordinanza n. 52/2010 del 15 gennaio 2010, questo Tribunale, rigettata l’istanza cautelare alla luce dei suddetti chiarimenti, ravvisava l’esigenza di verificare in una successiva camera di consiglio – ai fini dell’osservanza del giudicato -, l’effettivo rispetto dei termini per la pubblicazione del nuovo bando di gara individuati dall’Amministrazione.

Alla camera di consiglio dell’11 marzo 2010, quindi, non essendo stata prodotta prova dell’avvenuto rispetto dei termini fissati, il Collegio ordinava al Comune resistente di provvedere agli adempimenti di competenza, necessari per addivenire alla pubblicazione della nuova procedura di gara entro il termine del 30 aprile 2010, rinviando alla successiva camera di consiglio del 13 maggio 2010 l’accertamento del rispetto dell’ordine.

Il 6 maggio 2010, l’Amministrazione comunale depositava copia del bando approvato con determinazione del 20 aprile 2010, n. 36 e successivamente pubblicato, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica per la durata di un anno dall’1 settembre 2010, per un importo a base di gara di 191.901,00.

A seguito del suddetto deposito, parte ricorrente ha prodotto una memoria nella quale ha evidenziato come il bando pubblicato sarebbe del tutto identico a quello precedentemente annullato dal TAR Brescia, tranne che per il fatto che l’affidamento è stato previsto per un solo anno, con conseguente riduzione dell’importo a base di gara al di sotto della soglia comunitaria. Tale bando sarebbe illegittimo perché contiene la generica previsione della possibilità di rinnovo “su richiesta del Comune”, in violazione dell’art. 29 del d. lgs. 163/06 e perché richiede, tra i requisiti di partecipazione, il possesso di due certificazioni ISO 9001:2000 per due profili che nulla hanno a che vedere con l’appalto per il cui affidamento è stata indetta la gara e più precisamente le pulizie e la centrale d’acquisto e piattaforma logistica. Ciò dimostrerebbe che la gara i cui atti sono stati oggetto di impugnazione aveva il mero scopo elusivo del giudicato.

Con ordinanza n. 286/2010, quindi, nella camera di consiglio fissata per il 13 maggio 2010, questo Tribunale pur non ravvisando i presupposti per la concessione della misura cautelare richiesta in uno con la proposizione del ricorso introduttivo, anche in considerazione della ormai prossima scadenza del periodo di durata del contratto, ha ritenuto che la questione meritasse tempestivo approfondimento nel merito.

In data 7 giugno 2010 è stato, quindi, depositato un ricorso per motivi aggiunti avverso il nuovo bando di gara pubblicato. Nello stesso sono stati dedotti:

1.1. eccesso di potere e violazione del giudicato per aver richiesto, quale requisito di partecipazione, il possesso, da almeno cinque anni, della certificazione di qualità per “pulizia e disinfezione locali” e per “centrale d’acquisto e piattaforma logistica di distribuzione di prodotti alimentari destinati alla ristorazione collettiva”;

1.2. violazione degli artt. 28 e 29, comma 1, 70 comma 2 del d. lgs. 163/2006, avendo, la stazione appaltante, optato per indire una nuova gara mediante procedura aperta sotto soglia comunitaria ex art. 124 del d. lgs. 163/06 della durata di un anno, aggiungendo la generica previsione di rinnovo contrattuale su richiesta del Comune. Tutto ciò senza considerare, ai fini della determinazione della soglia dell’appalto strumentale all’individuazione della normativa applicabile, il valore del possibile rinnovo che, anche considerando un solo anno, avrebbe determinato il superamento della soglia comunitaria.

In ragione di tutto ciò parte ricorrente ha chiesto:

– l’annullamento degli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti ed in particolare la determinazione n. 36 del 20 aprile 2010;

– l’accoglimento dei motivi proposti con il ricorso iniziale, con conseguente enunciazione dei principi di diritto ai quali l’amministrazione debba uniformarsi nel disciplinare la materia oggetto del ricorso;

– la condanna dell’Amministrazione al “risarcimento dei danni conseguenti all’annullamento degli atti impugnati con il ricorso e con il ricorso per motivi aggiunti, indicando i criteri ed i principi sulla base dei quali, ai sensi della legge, l’Amministrazione comunale dovrà avanzare la propria proposta di risarcimento dei danni alla ricorrente”.

Il Comune si è, quindi, costituito in giudizio anche con riferimento al ricorso per motivi aggiunti, eccependone la tardività, l’inammissibilità (in quanto avrebbe dovuto essere proposto un nuovo ricorso) ovvero l’improcedibilità per il mancato rispetto del termine di 15 giorni di cui alla lettera d) del comma 2 quinquies dell’art. 245, nonché l’infondatezza.

Nel merito esso ha evidenziato i punti in cui il nuovo bando si differenzierebbe dal precedente, così da escludere la pretesa elusione del giudicato, nonché la facoltà, riconosciuta alla stazione appaltante, di richiedere le certificazioni di qualità ritenute utili, anche se collegate a prestazioni accessorie. Esso ha, infine, sostenuto la non riconducibilità della possibilità di rinnovo prevista nel bando all’ipotesi del primo comma dell’art. 29 del d. lgs. 163/06 e la assoluta genericità della richiesta risarcitoria, per la prima volta formulata con il ricorso per motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 24 giugno 2010 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Deve essere preliminarmente esaminate le numerose eccezioni in rito, formulate sia in relazione al ricorso introduttivo, che al ricorso per motivi aggiunti.

Per quanto attiene al primo, deve essere respinta l’eccezione di carenza di interesse all’impugnazione del bando.

Appare evidente, infatti, come, a prescindere dalla circostanza per cui la ricorrente non poteva materialmente partecipare alla gara (indetta mediante ricorso al cottimo fiduciario), non essendo stata invitata, essa era, quantomeno al momento della notificazione del ricorso, senz’altro portatrice di un interesse all’annullamento della suddetta gara, sia al fine di censurare proprio il ricorso al cottimo, sia al fine di evidenziare un preteso scopo elusivo della sentenza di questo Tribunale n. 1519/2009 nel comportamento tenuto dal Comune in una possibile ottica di risarcimento del danno.

Invero, data la durata limitata ad un solo anno scolastico del servizio affidato, che risulta all’atto della pronuncia, ormai sostanzialmente scaduta, non può essere ravvisato il permanere dell’originario interesse all’annullamento della gara e del contratto stipulato in ragione dell’esito della stessa.

Ciononostante deve essere riconosciuta la sussistenza della suddetta condizione dell’azione, ancorché nei limiti della strumentalità dell’accertamento dell’illegittimità alla pretesa risarcitoria.

Ancora in rito, ma passando al ricorso per motivi aggiunti, il Comune resistente ne ha eccepito dapprima la tardività, in ragione della mancata notificazione del ricorso (portato alla notifica il 27 maggio 2010) entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla data in cui la determina e il bando sono stati pubblicati (26 aprile 2010).

L’eccezione appare infondata.

Il 26 aprile 2010 corrisponde, infatti, al giorno in cui la determinazione con cui è stata indetta la gara è stata affissa all’albo per rimanervi per i successivi quindici giorni.

La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che il termine decadenziale per l’impugnazione decorra “ai sensi dell’art. 21 comma 1, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, in tutti i casi in cui non è necessaria la notificazione individuale del provvedimento e sia, al contempo, prescritta da una norma di legge o di regolamento la pubblicazione dell’atto in un apposto albo, il termine per proporre l’impugnazione decorre dal giorno in cui sia scaduto il periodo della pubblicazione” (così T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 01 febbraio 2010 , n. 1275, che conferma l’orientamento costante e consolidato).

Ne consegue, nel caso di specie, la tempestività della notifica, intervenuta il 27 maggio 2010 e, quindi, ben prima della scadenza del termine di trenta giorni decorrente dall’ultimo giorno di pubblicazione della determinazione (e cioè l’11 maggio 2010).

Non merita accoglimento nemmeno la tesi dell’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, in quanto il nuovo bando avrebbe dovuto essere impugnato con autonomo ricorso.

Invero, nel caso di specie il nuovo bando risulta essere censurato sia per ottenere l’eliminazione della clausola avente efficacia escludente nei confronti della ricorrente, ma anche, ed in prima battuta, per dimostrare la natura elusiva del giudicato dell’affidamento in cottimo fiduciario operato con gli atti oggetto di impugnazione nel ricorso introduttivo. Ne risulta dimostrata una connessione e un rapporto di consequenzialità che ben giustifica la proposizione del ricorso per motivi aggiunti avverso il nuovo bando pubblicato.

Né miglior sorte può toccare all’ultima eccezione in rito, posto che il termine di 15 giorni per l’impugnazione previsto dalla lettera d) del comma 2-quinquies dell’art. 245 del d. lgs. 163/06 è previsto esclusivamente per la proposizione di motivi aggiunti avverso “atti già impugnati”. Appare inequivocabile, nel caso di specie, che gli atti della cui legittimità si duole la ricorrente mediante il ricorso per motivi aggiunti non sono già impugnati, bensì sopravvenuti, a nulla rilevando il fatto che dall’accertamento della loro illegittimità possa derivare anche la dimostrazione di illegittimità, per elusione del giudicato, degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo.

Così risolte le preliminari di rito, con riferimento a quella parte del ricorso introduttivo che tende all’accertamento dell’illegittimità del ricorso al cottimo fiduciario, in quanto privo dei presupposti di legge e comunque elusivo del giudicato, non si può omettere di evidenziare come, alla luce delle precisazioni fornite dalla stazione appaltante in esito all’ordinanza istruttoria di questo Tribunale, il ricorso al cottimo fiduciario era apparso giustificato dalla combinazione di diversi fattori quali il numero ridotto dei dipendenti del Comune, l’intervenuta pubblicazione della sentenza che ha annullato il primo bando (avente ad oggetto una gara europea) nel corso dell’estate, la necessità di garantire il servizio di ristorazione sin dall’inizio dell’anno scolastico e la volontà di integrare il bando in ragione della sopravvenienza di nuove e mutate esigenze tecniche.

Questo Collegio aveva, quindi, ritenuto di poter accordare il beneficio del dubbio circa la legittimità del ricorso al cottimo fiduciario, in ragione della necessità di fare fronte a tutto quanto evidenziato.

Tale dubbio è stato fugato solo attraverso la pubblicazione del nuovo bando che presenta l’inclusione di clausole innovative, sia rispetto a quello utilizzato per il ricorso al cottimo fiduciario, sia rispetto a quello annullato con la sentenza n. 1519/2009.

A prescindere dal fatto che il nuovo bando da ultimo pubblicato ha ad oggetto una gara sotto soglia comunitaria essendo l’affidamento stato previsto per un solo anno a causa della difficoltà di individuare la copertura finanziaria per un tempo più lungo, infatti, esso contiene talune innovazioni rispetto alle specifiche prestazioni richieste nei precedenti capitolati speciali: l’adeguamento funzionale, rispetto al maggior numero di utenti, del refettorio scolastico per la scuola primaria, il ricorso al piano di monitoraggio infestanti, la previsione, così come richiesto dall’ASL, che la frutta sia lavata ed asciugata, la prescrizione della provenienza nazionale dei prodotti e la specificazione dei pesci somministrati.

Anche rispetto al mancato invito della ricorrente a partecipare all’aggiudicazione mediante cottimo fiduciario, esso appare giustificato dalla già manifestata indisponibilità della stessa alla cottura in loco dei pasti.

Deve, quindi, escludersi la natura elusiva del ricorso al cottimo fiduciario per l’anno scolastico 2009-2010, con il conseguente rigetto delle domande sia annullatoria, che risarcitoria formulate con riferimento al ricorso introduttivo.

Merita, invece, accoglimento il ricorso per motivi aggiunti.

Il Collegio non ravvisa, infatti, alcuna ragione di discostarsi dal precedente del TAR Lombardia, sez. III, 27 maggio 2008, n. 1835, secondo cui, nonostante la discrezionalità che caratterizza la previsione dei requisiti di partecipazione nella stesura del bando, tale scelta non è insindacabile ogni volta che trascende i principi della razionalità e proporzionalità, traducendosi in un’indebita restrizione della concorrenza.

Nel caso di specie tale violazione dei principi nazionali e comunitari appare riscontrabile in primo luogo con riferimento alla richiesta stessa della certificazione di qualità rispetto ad una prestazione meramente accessoria quale la pulizia e sanificazione delle stoviglie e dei locali ed in secondo luogo risultando priva di adeguata motivazione la previsione del fatto che le certificazioni di qualità richieste debbano essere possedute da almeno cinque anni. Tutto ciò appare ancor più privo di giustificazione e sproporzionato se si considera il modesto importo del contratto posto a base di gara.

In altre parole, pur condividendosi la giurisprudenza del Consiglio di Stato che ritiene ragionevole richiedere come requisito di ammissione il possesso della certificazione di qualità da un certo numero di anni, la richiesta di certificazioni di qualità ulteriori (addirittura in numero di due) rispetto a quella propria dell’attività principale oggetto di affidamento, pretendendone anche il possesso da un periodo di tempo così rilevante, rapportata al modesto importo del servizio appare invero superare quei limiti di proporzionalità ed adeguatezza dei requisiti richiesti che, nella stesura del bando, debbono contemperare la pretesa dei massimi requisiti di capacità possibili, evidentemente strumentale al perseguimento dell’interesse pubblico. Ciò anche in considerazione del fatto che a quest’ultimo si contrappone l’interesse alla tutela della concorrenza.

Ne discende che la richiesta di tali requisiti di partecipazione, rivelandosi non proporzionata ed incongruente, integra una indebita restrizione della concorrenza che rende illegittimo il bando adottato dall’Amministrazione.

Tale illegittimità si ravvisa, peraltro, anche sotto il diverso ed ulteriore profilo della previsione della possibilità del rinnovo del contratto a semplice richiesta del Comune: possibilità, questa, pacificamente esclusa dalla giurisprudenza, data la formulazione dell’art. 29 comma 1, ogni volta che la base d’asta non contempli anche il valore dei possibili rinnovi.

Del resto una diversa interpretazione finirebbe per avvallare l’elusione delle norme che vietano l’artificioso frazionamento degli appalti per evitare l’applicazione delle più restrittive norme di derivazione comunitaria.

A tale proposito basti ricordare come la norma sul divieto di rinnovo, sia in forma tacita che espressa, dapprima contenuta nella legge comunitaria 2004, L. 18 aprile 2005, n. 62 e poi trasfusa nel codice dei contratti (d. lgs. 163/06), sia la conseguenza della procedura di infrazione n. 2110/2003 avviata in ragione della ravvisata incompatibilità della normativa italiana con i principi di libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi cristallizzati negli artt. 43 e 49 del Trattato CE e con la normativa europea in tema di tutela della concorrenza nell’affidamento degli appalti pubblici. Il codice dei contratti, peraltro, nel riprodurre il divieto di rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e la nullità dei contratti rinnovati tacitamente (art. 57, comma 7), prevede, però, al comma 5 lett. b), la possibilità del rinnovo “per nuovi lavori o servizi consistenti nella ripetizione di lavori o servizi analoghi già affidati all’operatore economico aggiudicatario del contratto iniziale dalla medesima stazione appaltante, a condizione che tali lavori o servizi siano conformi a un progetto di base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo contratto aggiudicato secondo una procedura aperta o ristretta; in questa ipotesi la possibilità del ricorso alla procedura negoziata senza bando è consentita solo nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale, e deve essere indicata nel bando del contratto originario; l’importo complessivo stimato dei servizi e lavori successivi è computato per la determinazione del valore globale del contratto, ai fini delle soglie di cui all’articolo 28”.Va ricordato che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6458 del 31.10.2006, ha affermato che l’eliminazione della possibilità di provvedere al rinnovo dei contratti di appalto scaduti, disposta con l’art. 23 L. 62/05, ha valenza generale e portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolvono, di fatto, nell’elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici. Afferma inoltre che “Solo rispettando il canone interpretativo appena indicato, infatti, si assicura l’effettiva conformazione dell’ordinamento interno a quello comunitario, mentre, accedendo a letture sistematiche che riducano la portata precettiva del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici scaduti e che introducano indebite eccezioni, si finisce per vanificare la palese intenzione del legislatore del 2005 di adeguare la disciplina nazionale in materia a quella europea e, quindi, per conservare profili di conflitto con quest’ultima del regime giuridico del rinnovo dei contratti di appalto delle pubbliche amministrazioni”.Il Collegio condivide, quindi, l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “l’affidamento, senza gara, degli stessi servizi per ulteriori periodi dev’essere condotta alla stregua del vincolante criterio che vieta (con valenza imperativa ed inderogabile) il rinnovo dei contratti” (così T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 22 giugno 2007 , n. 1086).

Né appare idoneo a superare il principio il timido e generico tentativo di resistere alle censure sostenendo che “non si tratta di opzione o rinnovo così come stabilità dall’art. 29 I comma cit”. Parte resistente non tenta nemmeno di chiarire quale diversa natura avrebbe la clausola di cui all’art. 6 del capitolato che, a parere del Collegio deve, invece, essere qualificata a pieno titolo come clausola di rinnovo, con tutto quanto ne consegue in termini di necessaria considerazione della possibilità di rinnovo ai fini di determinare l’importo a base d’asta.

Del resto la stessa difesa del Comune, laddove evidenzia la difficoltà di trovare una copertura finanziaria per la previsione di spesa di oltre un anno di affido, pone in luce come la clausola in questione avrebbe carattere elusivo non solo delle norme dell’evidenza pubblica (poste a tutela della concorrenza oltre che dell’interesse all’individuazione del “miglior” appaltatore), ma anche delle norme contabili.

Accolto il ricorso deve, però, essere rigettata la domanda risarcitoria, formulata in modo assolutamente generico, omettendo di soffermarsi, oltre che sugli altri elementi della responsabilità, anche su quello, presupposto, del danno subito.

La richiesta, così formulata, in assoluta carenza della dimostrazione dei presupposti per disporre il risarcimento del danno, rispetto al quale, come noto, la condotta antigiuridica non può essere fatta coincidere con il mero accertamento dell’illegittimità dell’atto, non può, quindi, che essere respinta.

Accertati i presupposti per l’annullamento del nuovo bando pubblicato, la ripartizione delle spese di lite richiede, in ragione di quanto sopra, una complessa articolazione.

In particolare quelle relative al ricorso introduttivo possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la strumentalità dell’affidamento censurato alla redazione di un nuovo bando di gara, di cui è stata, però, successivamente accertata l’annullabilità, con ciò giustificando il riconoscimento del diritto al rimborso del contributo unificato dalla ricorrente anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Avuto riguardo, invece, al ricorso per motivi aggiunti, può trovare applicazione l’ordinaria regola della soccombenza.

Peraltro, poiché la condanna alle spese è dovuta alla condotta sostanzialmente elusiva tenuta dal Comune, il Collegio ravvisa i presupposti per la trasmissione degli atti d’ufficio alla Procura Regionale della Corte dei Conti della Lombardia, per le valutazioni di competenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda di Brescia, respinge il ricorso introduttivo.

Accoglie il ricorso per motivi aggiunti, nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento con esso impugnato.

Le spese di liti vanno liquidate come segue:

– quelle relative al ricorso introduttivo debbono trovare compensazione tra le parti in causa, fatto salvo il diritto al rimborso del contributo unificato dalla ricorrente anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115;

– quelle relative al ricorso per motivi aggiunti vanno poste a carico del Comune – e a favore della ricorrente – nella misura di Euro 6.000,00 (seimila/00), oltre ad IVA, C.P.A., rimborso forfetario delle spese, nonché al rimborso del contributo unificato dalla stessa anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

– nei confronti della controinteressata deve essere disposta l’integrale compensazione.

Manda alla Segreteria di questo Tribunale di trasmettere copia degli atti d’ufficio alla Procura Regionale della Corte dei Conti della Lombardia, per le valutazioni di competenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Primo Referendario

Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore

 

IL PRESIDENTE

L’ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/08/2010

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