Corte di Giustizia CE, Sez. IV – 23 dicembre 2009 (C-305/08), sulla nozione di «operatore economico» in relazione ai soggetti che possono partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici ai sensi della direttiva 2004/18/CE;
Corte di Giustizia CE, Sez. IV – 23 dicembre 2009 (C-305/08)
Contratti della P.A. – Gara – Direttiva 2004/18/CE – Nozione di «operatore economico» – Università, istituti di ricerca e raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche – Anche se non perseguono un preminente scopo di lucro – Partecipazione agli appalti di servizi pubblici – Possibilità.
Nel procedimento C‑305/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Consiglio di Stato con decisione 23 giugno 2008, pervenuta in cancelleria il 4 luglio 2008, nella causa
Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa)
contro
Regione Marche,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore), G. Arestis e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. R. Grass
considerate le osservazioni presentate:
–per il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa), dall’avv. I. Deluigi;
–per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;
–per il governo austriaco, dal sig. M. Fruhmann, in qualità di agente;
–per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. C. Zadra e dalla sig.ra D. Recchia, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 settembre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del’art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114).
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (raggruppamento interuniversitario per le scienze del mare, in prosieguo: il «CoNISMa») alla Regione Marche in merito alla decisione di quest’ultima di non ammettere detto Consorzio a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
Il quarto ‘considerando’ della direttiva 2004/18 enuncia quanto segue:
«Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la partecipazione di un offerente che è un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati».
Ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. a), della medesima direttiva:
«Gli “appalti pubblici” sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva».
L’art. 1, n. 8, della suddetta direttiva così dispone:
«I termini “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi.
Il termine “operatore economico” comprende l’imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi. È utilizzato unicamente per semplificare il testo.
(…)».
L’art. 1, n. 9, della direttiva stessa è formulato nei seguenti termini:
«Si considerano “amministrazioni aggiudicatrici”: lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico.
Per “organismo di diritto pubblico” s’intende qualsiasi organismo:
a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
b) dotato di personalità giuridica, e
c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
(…)».
L’art. 4 della direttiva 2004/18, intitolato «Operatori economici», così prevede:
«1. I candidati o gli offerenti che, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione di cui trattasi non possono essere respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro nel quale è aggiudicato l’appalto, essi avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche.
(…)
2. I raggruppamenti di operatori economici sono autorizzati a presentare offerte o a candidarsi. Ai fini della presentazione di un’offerta o di una domanda di partecipazione le amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere che i raggruppamenti di operatori economici abbiano una forma giuridica specifica; tuttavia al raggruppamento selezionato può essere imposto di assumere una forma giuridica specifica una volta che gli sia stato aggiudicato l’appalto, nella misura in cui tale trasformazione sia necessaria per la buona esecuzione dell’appalto».
8. L’art. 44 della direttiva, intitolato «Accertamento dell’idoneità e scelta dei partecipanti, aggiudicazione», così dispone al suo n. 1:
«L’aggiudicazione degli appalti avviene in base ai criteri di cui agli articoli 53 e 55, tenuto conto dell’articolo 24, previo accertamento dell’idoneità degli operatori economici non esclusi in forza degli articoli 45 e 46, effettuato dalle amministrazioni aggiudicatrici conformemente ai criteri relativi alla capacità economica e finanziaria, alle conoscenze od alle capacità professionali e tecniche di cui agli articoli da 47 a 52 e, se del caso, alle norme ed ai criteri non discriminatori di cui al paragrafo 3».
L’art. 55 della direttiva 2004/18, intitolato «Offerte anormalmente basse», enuncia quanto segue:
«1. Se, per un determinato appalto, talune offerte appaiono anormalmente basse rispetto alla prestazione, l’amministrazione aggiudicatrice, prima di poter respingere tali offerte, richiede per iscritto le precisazioni ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell’offerta in questione.
Dette precisazioni possono riguardare in particolare:
a) l’economia del procedimento di costruzione, del processo di fabbricazione dei prodotti o del metodo di prestazione del servizio;
b) le soluzioni tecniche adottate e/o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per eseguire i lavori, per fornire i prodotti o per prestare i servizi;
c) l’originalità dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti dall’offerente;
d) il rispetto delle disposizioni relative alla protezione e alle condizioni di lavoro vigenti nel luogo in cui deve essere effettuata la prestazione;
e) l’eventualità che l’offerente ottenga un aiuto di Stato.
2. L’amministrazione aggiudicatrice verifica, consultando l’offerente, detti elementi costitutivi tenendo conto delle giustificazioni fornite.
3. L’amministrazione aggiudicatrice che accerta che un’offerta è anormalmente bassa in quanto l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato può respingere tale offerta per questo solo motivo unicamente se consulta l’offerente e se quest’ultimo non è in grado di dimostrare, entro un termine sufficiente stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice, che l’aiuto in questione era stato concesso legalmente. Quando l’amministrazione aggiudicatrice respinge un’offerta in tali circostanze, provvede a informarne la Commissione».
La normativa nazionale
A norma dell’art. 3, commi 19 e 22, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (Supplemento ordinario alla GURI n. 100 del 2 maggio 2006; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 163/2006»):
«19. I termini “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi.
(…)
22. Il termine “operatore economico” comprende l’imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o un raggruppamento o consorzio di essi».
11. L’art. 34 del decreto legislativo n. 163/2006, intitolato «Soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici (artt. 4 e 5 direttiva 2004/18)», prevede quanto segue:
«1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici i seguenti soggetti, salvo i limiti espressamente indicati:
a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, le società commerciali, le società cooperative;
b i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro (…) e i consorzi tra imprese artigiane (…);
c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all’articolo 36;
d) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) (…);
e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società (…);
f) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (…);
(…)».
In epoca successiva ai fatti della causa principale, il decreto legislativo 11 settembre 2008, n. 152 (GURI n. 231 del 2 ottobre 2008), ha aggiunto all’elenco di cui sopra il seguente punto:
«f bis) operatori economici, ai sensi dell’articolo 3, comma 22, stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi».
Infine, ai sensi dell’art. 2082 del codice civile italiano, l’«imprenditore» è il soggetto che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
Causa principale e questioni pregiudiziali
Dalla decisione di rinvio risulta che la Regione Marche ha indetto una procedura di gara per l’affidamento di un appalto di servizi avente ad oggetto l’acquisizione di rilievi marini sismostratigrafici, l’esecuzione di carotaggi e il prelievo di campioni in mare nella fascia costiera compresa tra Pesaro e Civitanova Marche.
Il CoNISMa si è candidato per tale gara. Dopo aver formulato alcune riserve in ordine all’ammissibilità del CoNISMa alla procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione, l’amministrazione aggiudicatrice ha deciso di escluderla mediante decisioni in data 4, 18 e 23 aprile 2007.
Il CoNISMa ha impugnato detta esclusione con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (procedimento specifico previsto dall’ordinamento giuridico italiano) sostenendo che interpretare l’art. 34 del decreto legislativo n. 163/2006 come recante un elenco tassativo che non include le università e gli istituti di ricerca, con la conseguente non ammissione di questi ultimi a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non sarebbe compatibile con le disposizioni della direttiva 2004/18. Nell’ambito del procedimento di ricorso straordinario, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha chiesto il parere del Consiglio di Stato, come previsto dalla normativa nazionale pertinente.
Il giudice del rinvio osserva che, al fine di rendere il proprio parere, deve stabilire se un raggruppamento interuniversitario quale il CoNISMa possa essere considerato come un «operatore economico» ai sensi della direttiva 2004/18 e se, pertanto, sia ammesso a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi come quella oggetto della causa principale. Il giudice del rinvio esprime in proposito alcune riserve, fondate sulle seguenti considerazioni.
In via preliminare, il Consiglio di Stato rileva che il CoNISMa è un raggruppamento («consorzio») costituito da ventiquattro università italiane e da tre ministeri. In base al suo statuto, esso non perseguirebbe scopo di lucro e si proporrebbe di promuovere nonché di coordinare le ricerche e le altre attività scientifiche e applicative nel settore delle scienze del mare tra le università aderenti al raggruppamento. Esso potrebbe partecipare a procedure di gara e ad altre procedure di evidenza pubblica indette dalle amministrazioni pubbliche e dalle società operanti nel settore pubblico e in quello privato. Le sue attività sarebbero finanziate principalmente attraverso fondi concessi dal Ministero dell’Università e della Ricerca e da altre amministrazioni pubbliche, nonché da enti pubblici o privati, italiani o stranieri.
In primo luogo, il Consiglio di Stato richiama l’art. 1, lett. c), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), alla quale è succeduta la direttiva 2004/18, a norma del quale s’intendono per «“prestatori di servizi” le persone fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici che forniscono servizi», e osserva che tale formulazione sembra rivelare l’intenzione di riservare la possibilità di contrattare con le amministrazioni aggiudicatrici ai soggetti che svolgono «istituzionalmente» l’attività corrispondente alla prestazione che dovrà essere fornita nell’ambito dell’appalto di cui trattasi. Stando a tale tesi, potrebbero partecipare a gare d’appalto, oltre agli operatori economici privati, soltanto gli organismi pubblici che forniscono a titolo lucrativo le prestazioni oggetto di tale appalto, conformemente alla missione loro conferita nell’ambito dell’ordinamento giuridico, con esclusione quindi degli organismi universitari. Questa tesi parrebbe esser confermata dalla sentenza della Corte 18 gennaio 2007, causa C‑220/05, Auroux e a. (Racc. pag. I‑385, punto 44), secondo cui la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici si applica all’interessato «in quanto operatore economico attivo sul mercato». La stessa tesi sembrerebbe inoltre essere avvalorata dall’art. 3, comma 19, del decreto legislativo n. 163/2006, ai sensi del quale il prestatore di servizi è un operatore economico «che offr[e]» servizi «sul mercato».
In secondo luogo, il giudice del rinvio osserva che la posizione della giurisprudenza italiana non è univoca al riguardo. Taluni giudici riterrebbero che siano ammesse a partecipare ad un appalto pubblico le persone fisiche o giuriche che esercitino un’attività d’impresa, nonché gli organismi pubblici che offrano, secondo la loro organizzazione istituzionale, servizi analoghi a quelli oggetto del bando di gara. In tale ottica, le università non potrebbero rientrare nelle categorie di imprenditori privati e pubblici, in quanto istituzionalmente preposte allo svolgimento di attività di didattica e di ricerca. Stando a un’altra tesi, le università pubbliche, nonché i loro raggruppamenti, sarebbero ammessi a partecipare ad appalti pubblici di servizi, sempre che la prestazione di servizi di volta in volta considerata sia compatibile con i loro fini istituzionali e le loro previsioni statutarie.
In terzo luogo, il Consiglio di Stato fa riferimento alla posizione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la quale opera una distinzione tra gli operatori economici e i soggetti, come gli enti pubblici non economici, le università e i dipartimenti universitari, che non rientrano nella prima categoria in quanto perseguono finalità diverse dall’esercizio di un’attività economica, rivolta alla produzione di ricchezza. Di conseguenza, tali enti non sarebbero ammessi a partecipare ad appalti pubblici, salvo che gli stessi costituiscano apposite società in base all’autonomia riconosciuta alle università dalla normativa nazionale. Siffatta tesi sarebbe confermata dall’art. 34 del decreto legislativo n. 163/2006, che conterrebbe un elenco tassativo dei soggetti ammessi a partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici.
Da ultimo, per motivare le proprie riserve, il Consiglio di Stato richiama la giurisprudenza della Corte secondo cui le disposizioni comunitarie in tema di appalti pubblici devono essere interpretate alla luce di un criterio funzionale che consenta di evitare l’elusione del principio fondamentale della concorrenza effettiva (sentenza 13 dicembre 2007, causa C‑337/06, Bayerischer Rundfunk e a., Racc. pag. I‑11173). Per quanto riguarda più in particolare gli appalti pubblici di servizi, la Corte avrebbe evidenziato l’obiettivo principale delle norme comunitarie in tale materia, vale a dire la libera circolazione dei servizi e l’apertura ad una concorrenza non falsata e più ampia possibile in tutti gli Stati membri (sentenza 11 gennaio 2005, causa C‑26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I‑1, punti 44 e 47).
Alla luce di tale giurisprudenza, il Consiglio di Stato rileva che l’ammissione delle università, degli istituti di ricerca e dei loro raggruppamenti alla partecipazione ad appalti pubblici potrebbe violare il principio della concorrenza sotto un duplice profilo. Infatti, da un lato, essa rischierebbe di sottrarre al libero mercato quote di appalti pubblici ai quali un numero non irrilevante di imprese ordinarie avrebbe, di fatto, difficoltà di accesso. Dall’altro, essa collocherebbe ingiustamente l’affidatario in una posizione di privilegio che gli garantirebbe una sicurezza economica attraverso finanziamenti pubblici costanti e prevedibili di cui gli altri operatori economici non possono beneficiare. Tuttavia, come rileva il Consiglio di Stato, un’interpretazione restrittiva della nozione di «operatore economico» che fosse legata alla collocazione stabile di quest’ultimo «sul mercato» e che impedisse quindi alle università, agli istituti di ricerca e ai loro raggruppamenti di partecipare a gare d’appalto sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra entità pubbliche e private, nonché tra attività di ricerca e attività d’impresa, e, in definitiva, rappresenterebbe una restrizione della concorrenza.
Sulla base di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1). Se le disposizioni della direttiva 2004/18 (…) debbano essere interpretat[e] nel senso che vietano la partecipazione ad un appalto di servizi come quello di acquisizione di rilievi geofisici e campionatura a mare ad un consorzio costituito esclusivamente da università italiane e amministrazioni statali (…).
2). Se le disposizioni dell’ordinamento italiano di cui all’art. 3, commi 22 e 19, e all’art. 34 del (…) decreto legislativo n. 163/2006 – secondo i quali, rispettivamente “il termine ‘operatore economico’ comprende l’imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o un raggruppamento o consorzio di essi” e “i termini ‘imprenditore’, ‘fornitore’ e ‘prestatore di servizi’ designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (…), che ‘offra sul mercato’, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi” – si ponga[no] in contrasto con la direttiva 2004/18 (…), se interpretat[e] nel senso di limitare la partecipazione ai prestatari professionali di tali attività con esclusione di enti che abbiano preminenti finalità diverse da quelle di lucro, quali la ricerca».
Sulle questioni pregiudiziali
Occorre preliminarmente ricordare, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, che il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell’ambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE (sentenza 16 ottobre 1997, cause riunite da C‑69/96 a C‑79/96, Garofalo e a., Racc. pag. I‑5603, punto 27).
Sulla prima questione
Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2004/18 debbano essere interpretate nel senso che ostano alla partecipazione ad un appalto pubblico di servizi di un raggruppamento costituito esclusivamente da università e amministrazioni pubbliche.
Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che le disposizioni della direttiva 2004/18 considerate dal giudice nazionale sono in particolare l’art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, poiché fanno riferimento alla nozione di «operatore economico». Inoltre, stando a tale domanda, il raggruppamento di cui trattasi non persegue un preminente scopo di lucro, non dispone di una struttura organizzativa d’impresa e non assicura una presenza regolare sul mercato.
Per rispondere alla suddetta questione, si deve anzitutto rilevare che le disposizioni della direttiva 2004/18, da un lato, non contengono una definizione della nozione di «operatore economico» e, dall’altro, non operano distinzioni tra gli offerenti a seconda che essi perseguano o meno un preminente scopo di lucro, e tantomeno prevedono in modo esplicito l’esclusione di enti come quello oggetto della causa principale. Nondimeno, tali disposizioni, considerate alla luce della giurisprudenza della Corte, contengono elementi sufficienti a fornire una risposta utile al giudice del rinvio.
29 Così, il quarto ‘considerando’ della direttiva 2004/18 evoca la possibilità, per un «organismo di diritto pubblico», di partecipare in qualità di offerente ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.
30 Allo stesso modo, l’art. 1, n. 8, primo e secondo comma, di tale direttiva riconosce la qualità di «operatore economico» non soltanto a ogni persona fisica o giuridica, ma anche, in modo esplicito, a ogni «ente pubblico», nonché ai raggruppamenti costituiti da tali enti, che offrono servizi sul mercato. Orbene, la nozione di «ente pubblico» può includere anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura d’impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato.
31 Inoltre, l’art. 4 della medesima direttiva, intitolato «Operatori economici», al suo n. 1 vieta agli Stati membri di prevedere che i candidati o gli offerenti i quali, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione che costituisce l’oggetto di un bando di gara siano respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro in cui è aggiudicato l’appalto, essi dovrebbero essere o persone fisiche o persone giuridiche. Tale disposizione non stabilisce neppure una distinzione tra i candidati o gli offerenti a seconda del fatto che essi abbiano uno status di diritto pubblico oppure di diritto privato.
32 In ordine alla questione, sollevata dal giudice del rinvio, di una possibile distorsione della concorrenza a motivo della partecipazione ad un appalto pubblico di enti che, come il ricorrente nella causa principale, vanterebbero una posizione privilegiata rispetto a quella degli operatori privati grazie a finanziamenti pubblici che vengono loro erogati, si deve sottolineare che il quarto ‘considerando’ della direttiva 2004/18 enuncia l’obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché una distorsione di questo tipo non si produca per il fatto della partecipazione di un organismo di diritto pubblico a un appalto pubblico. Detto obbligo si impone anche con riguardo ad entità come il suddetto ricorrente.
33 Si devono altresì ricordare, al riguardo, gli obblighi e le facoltà di cui dispone un’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi dell’art. 55, n. 3, della direttiva 2004/18, in caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato. Peraltro, la Corte ha riconosciuto che, in talune circostanze particolari, l’amministrazione aggiudicatrice ha l’obbligo, o quanto meno la facoltà, di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C‑94/99, ARGE, Racc. pag. I‑11037, punto 29).
34 Tuttavia, l’eventualità di una posizione privilegiata di un operatore economico in ragione di finanziamenti pubblici o aiuti di Stato non può giustificare l’esclusione a priori e senza ulteriori analisi di enti, quali il ricorrente nella causa principale, dalla partecipazione a un appalto pubblico.
35 Dalle considerazioni che precedono risulta che il legislatore comunitario non ha inteso restringere la nozione di «operatore economico che offre servizi sul mercato» unicamente agli operatori che siano dotati di un’organizzazione d’impresa, né introdurre condizioni particolari atte a porre una limitazione a monte dell’accesso alle procedure di gara in base alla forma giuridica e all’organizzazione interna degli operatori economici.
36 Questa interpretazione è suffragata dalla giurisprudenza della Corte.
37 La Corte ha, infatti, dichiarato che uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile (v. in particolare, in tal senso, sentenza Bayerischer Rundfunk e a., cit., punto 39) e che è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d’appalto (sentenza 19 maggio 2009, causa C‑538/07, Assitur, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 26). Occorre aggiungere, in proposito, che siffatta apertura alla concorrenza più ampia possibile è prevista non soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, bensì anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice considerata, la quale disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata (v., in tal senso, in tema di offerte anormalmente basse, sentenza 15 maggio 2008, cause riunite C‑147/06 e C‑148/06, SECAP e Santorso, Racc. pag. I‑3565, punto 29).
38 In tale ottica di apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, la Corte ha altresì statuito che la normativa comunitaria in materia è applicabile qualora il soggetto con cui un’amministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso sia a sua volta un’amministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, ai sensi dell’art. 1, n. 9, della direttiva 2004/18, un’amministrazione aggiudicatrice è un ente che soddisfa una funzione di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale. Un organismo di questo tipo non esercita, a titolo principale, un’attività lucrativa sul mercato.
39 Analogamente, la Corte ha dichiarato che la normativa comunitaria osta a qualsiasi normativa nazionale che escluda dall’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi il cui valore superi la soglia di applicazione delle direttive candidati od offerenti autorizzati, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, ad erogare il servizio in questione per il solo motivo che tali candidati od offerenti non hanno la forma giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone giuridiche (v., in tal senso, sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑357/06, Frigerio Luigi & C., Racc. pag. I‑12311, punto 22).
40. Si deve inoltre ricordare, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, da un lato, che il principio della parità di trattamento non è violato per il solo motivo che le amministrazioni aggiudicatrici ammettono la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di organismi che beneficiano di sovvenzioni che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli offerenti concorrenti non sovvenzionati e, dall’altro, che, se il legislatore comunitario avesse avuto l’intenzione di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici ad escludere tali offerenti, l’avrebbe espressamente indicato (sentenza ARGE, cit., punti 25‑26).
41. Infine, sempre in base alla giurisprudenza della Corte, la normativa comunitaria non richiede che il soggetto che stipula un contratto con un’amministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente con mezzi propri la prestazione pattuita perché il medesimo possa essere qualificato come imprenditore, ossia come operatore economico; è sufficiente che tale soggetto abbia la possibilità di fare eseguire la prestazione di cui trattasi, fornendo le garanzie necessarie a tal fine (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2001, causa C‑399/98, Ordine degli Architetti e a., Racc. pag. I‑5409, punto 90).
42. Di conseguenza, sia dalla normativa comunitaria sia dalla giurisprudenza della Corte risulta che è ammesso a presentare un’offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l’esecuzione di detto appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. L’effettiva capacità di detto ente di soddisfare i requisiti posti dal bando di gara, come fa giustamente osservare il governo ceco, è valutata durante una fase ulteriore della procedura, in applicazione dei criteri previsti agli artt. 44‑52 della direttiva 2004/18.
43. Occorre aggiungere che un’interpretazione restrittiva della nozione di «operatore economico» avrebbe come conseguenza che i contratti conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici e organismi che non agiscono in base a un preminente scopo di lucro non sarebbero considerati come «appalti pubblici», potrebbero essere aggiudicati in modo informale e, in tal modo, sarebbero sottratti alla norme comunitarie in materia di parità di trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalità delle medesime norme.
44. Per di più, come sottolinea il giudice del rinvio, un’interpretazione di questo tipo sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra attività di ricerca e attività d’impresa e rappresenterebbe una restrizione della concorrenza.
45. In considerazione di quanto precede, si deve risolvere la prima questione nel senso che le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di «operatore economico», devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi.
Sulla seconda questione
46. Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, ostino a una normativa nazionale che recepisce tale direttiva nel diritto interno, qualora detta normativa sia interpretata nel senso che essa riserva la partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici ai soli prestatori che offrano servizi sul mercato in modo sistematico e a titolo professionale, con esclusione dei soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro.
47. Occorre in proposito ricordare che, come risulta dalla formulazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2004/18, gli Stati membri hanno il potere di autorizzare o meno talune categorie di operatori a fornire certi tipi di prestazioni.
48. Così, come correttamente osserva la Commissione, gli Stati membri possono disciplinare le attività di soggetti, quali le università e gli istituti di ricerca, non aventi finalità di lucro, ma volte principalmente alla didattica e alla ricerca. In particolare, gli Stati membri possono autorizzare o non autorizzare tali soggetti ad operare sul mercato in funzione della circostanza che l’attività in questione sia compatibile, o meno, con i loro fini istituzionali e statutari.
49. Tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti soggetti siano autorizzati a offrire taluni servizi sul mercato, la normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/18 nel diritto interno non può vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi. Un simile divieto contrasterebbe infatti con le disposizioni della direttiva 2004/18, come interpretate nell’ambito dell’esame della prima questione pregiudiziale.
50. In tale ipotesi, spetta al giudice del rinvio interpretare il proprio diritto interno quanto più possibile alla luce del testo e della finalità della direttiva 2004/18, allo scopo di raggiungere i risultati perseguiti da quest’ultima, privilegiando l’interpretazione delle disposizioni nazionali che sia maggiormente conforme a tale finalità per giungere quindi ad una soluzione compatibile con le disposizioni della medesima direttiva e, all’occorrenza, disapplicando ogni contraria disposizione di legge nazionale (v. sentenza 22 dicembre 2008, causa C‑414/07, Magoora, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44).
51. Di conseguenza, si deve risolvere la seconda questione affermando che la direttiva 2004/18 dev’essere interpretata nel senso che essa osta all’interpretazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, benché siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell’appalto considerato.
Sulle spese
52. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:
1) Le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di «operatore economico», devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi.
2) La direttiva 2004/18 dev’essere interpretata nel senso che essa osta all’interpretazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, benché siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell’appalto considerato.
Scarica il PDF